Il MoMa promuove una retrospettiva dedicata al cinema sperimentale brasiliano degli anni ‘60 – ’70. Spazio anche per Glauber Rocha, padre del “Cinema Novo”, che portò avanti la bandiera del film che fa la rivoluzione.
Il cinema brasiliano non è mai veramente caduto nel dimenticatoio internazionale. Opere più o meno recenti e conosciute presso il grande pubblico commerciale, come Cidade de Deus - City of God (Fernando Mereilles, Katia Lund, 2002), hanno per fortuna mantenuto alto l’interesse verso la carica eversiva, caratteristica intrinseca del cinema brasiliano e senza quindi abbandonare l’idea che un film possa svolgere una concreta azione di denuncia attraverso il proprio linguaggio.
L'industria cinematografica brasiliana, dopo decenni in cerca di se stessa, è riesplosa sulla scena internazionale negli anni ’90, quando le storie sulle favelas hanno messo in evidenza una realtà difficile, estrema, dovuta a decenni di ingiustizia sociale all'interno del Paese.
Tuttavia, già a partire dagli anni '50, si era avviato un significativo cambiamento nel cinema brasiliano, sulla spinta e l’ispirazione del neorealismo italiano, che avrebbe portato nel giro di pochi anni all’affermazione del Cinema Novo. Di fronte a uno Stato oppressivo nei confronti di ogni espressione artistica, un gruppo di giovani cineasti indipendenti e coraggiosi, tra cui Glauber Rocha, Joaquim Pedro de Andrade, Paulo César Saraceni, Leon Hirszman, Carlos Diegues, si interessò al cinema come strumento politico, come mezzo espressivo ma anche di ribellione. Il cinema non era valutato tanto nella sua dimensione estetica, dunque, ma nelle potenzialità di strumento politico-ideologico.
Dal movimento "Tropicalia" – una corrente artistica divisa tra cinema, musica e teatro – al "Cinema Marginal", fino all’opera di Glauber Rocha, il Brasile ha attraversato un lungo periodo di fermento culturale e politico, cui l’arte non si è sottratta e che merita di essere riportato alla conoscenza di tutti.
Questa nuova proposta storica – quanto mai attuale - è ora accessibile al MoMa di New York, grazie a una retrospettiva intitolata “On the Edge: Brazilian Film Experiments of the 1960s and Early 1970s”, che sarà in mostra fino al 24 luglio 2014.
Di seguito, un breve elenco di alcune sezioni e dei titoli – tra lungometraggi e cortometraggi – in proiezione al MoMa.
Apocalipopótese and After - Venerdì 16 maggio 2014.
Apocalipopótese, 1968. Brazil. Regia di Raymundo Amado. 9 min.
Cinemateca-Rio, 1963. Brazil. Regia di Lygia Pape. 1 min.
Hermetic Triumph, 1972. Brazil. Regia di Rubens Gerchman. 12 min.
Semi Ótica, 1975. Brazil. Regia di Antonio Manuel. 7 min.
Agripina é Roma-Manhattan, 1972. USA. Regia di Hélio Oiticica. 15 min.
HO, 1979. Brazil. Regia di Ivan Cardoso. 13 min.
Nella sezione dedicata ai lungometraggi, è opportuno ricordare Deus e o diabo na terra do sol (Black God, White Devil, 1964) di Glauber Rocha. L’utopia di Glauber Rocha, padre del Cinema Novo brasiliano, risiede nel concepire l’arte cinematografica come un mezzo che prima unisca le persone, creando una identità di sentimenti e stati d’animo, e poi le motivi ad attivarsi per combattere le ingiustizie sociali, filmare la verità e affrontare, come lui stesso ha affermato “i modelli ipocriti e polizieschi della censura intellettuale” (Rocha, G., "Per una estetica della fame", in A. Martini (a cura di), Utopia e cinema. Cento anni di sogni, progetti e paradossi, Marsilio, Venezia 1994). Questo è un cinema di rivoluzione prima ancora che di liberazione, ed è più semplice comprenderne la natura se lo si colloca in un contesto storico e culturale come quello dell’America Latina, da sempre economicamente e politicamente condizionato (quando non colonizzato) da altri paesi: “dovunque ci sia un cineasta, di qualunque età e di qualunque origine, pronto a porre il suo cinema e la sua professione al servizio delle cause importanti della sua epoca, lì ci sarà un germe del Cinema Novo” (ibidem).
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