Recensione di Non c’è 2 senza te | Lui, lui e… l’altra (Belèn)
Recensione di Non c'è 2 senza te di Massimo Cappelli: La coppia gay Troiano/Abbrescia, qui con Belèn Rodriguez, torna in una commedia volutamente stereotipata ma vivace e ritmata. Peccato per un product placement assolutamente imbarazzante
A dispetto dei pregiudizi (in parte confermati), l’involontaria citazione nel titolo di un bellissimo album di Dente non è l’unico elemento buono della commedia gay (ma-non-solo) di Massimo Cappelli.
"È una trashata!", esclama Fabio Troiano nei primi minuti del film, citazione che difatti rispecchia, pur non in toto, lo spirito di Non c'è 2 senza te, che sì, cammina fra gli stereotipi con la grazia di un pachiderma in una gioielleria microscopica, ma la verve caricaturale dei suoi protagonisti ben si inserisce in un andamento dinamico e vivace di una commedia italiana che ha ritmo e battuta pronta (ma non, in automatico, volgare).
I ruoli dei due partner in amore Manolo e Alfonso, dall’alchimia creata e rodata in Cado dalle nubi, sono qui invertiti: è Manolo ad essere più schivo rispetto alla sua sessualità, mentre Alfredo è irrefrenabilmente checca isterica.
Macchiette, dicasi, irritanti solo fino a un certo punto, giacché funzionali: e non a caso il cammeo di Tiberio Timperi, a un certo punto, li redarguisce: “Anch’io sono omosessuale, ma non strillo così”. Come a dire: state tranquilli, è tutto un gioco. È tutto trash-ma-non-troppo – mentre continuiamo ad attendere, in un futuro italiano speriamo prossimo, una commedia gay con qualche sfumatura che non sia soltanto di design.
Tutto è trash, si diceva, compresa l’infatuazione inspiegata (se non frettolosamente da uno psichiatra che c’ha anche lui le sue gatte da pelare) di Manolo per la sventola Laura: incontri Belèn e ti scopri protagonista di una canzone di Povia.
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Cappelli liscia i suoi attori e situazioni concedendosi addirittura un momento da american comedy, quando Troiano vede Belèn dappertutto (flash nemmeno troppo surreale); ma paradossalmente, pur se affiatati, i protagonisti funzionano di più quando circondati dai bravi caratteristi, che ne contengono il turbo caricaturale: la D’Aquino, nella solita parte da napoletana ciclonica, apre e chiude il film, mentre il fresco Samuel Troiano (nipote di-), bimbetto sveglio scaraventato nelle crisi d’amor isterico della coppia, nel finale si prodiga con disinvoltura in uno show à la Little Miss Sunshine.
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A essere davvero imperdonabile, e a far vacillare tremendamente la terza stellina che pur, infine, non senza un po' di insoddisfatta incertezza appioppiamo a Non c’è 2 senza te, non sono tanto le solite uscite sul botulino e i poveri vucumprà, quanto un utilizzo scandaloso del product placement, non una, ma ben quattro volte schiaffato in faccia in maniera così plateale da essere imbarazzante (pensiamo a quello di un prodotto per capelli che è, non sembra, uno straniante e stridente spot incastrato dentro al film). Il vero imbarazzo, molto più che spremuti stereotipi integrati al tono, è semmai questo.
Voto della redazione:
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